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Residence San Gennaro

Le Case Grotta

“Questi coni rovesciati, questi imbuti si chiamano Sassi, Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui a scuola immaginavamo l’inferno di Dante. La stradetta, strettissima, che scendeva serpeggiando, passava sui tetti delle case, se così quelle si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone: ognuna ha sul davanti una facciata; alcune sono anche belle, con qualche modesto ornato settecentesco.”

Così scriveva Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato ad Eboli raccontando la vita semplice ed umile che si svolgeva all’interno di queste dimore. Interi rioni scavati nella roccia tufacea, abitazioni rustiche costituite per lo più da un unico vano popolati fino agli anni Cinquanta da famiglie di contadini e artigiani che vivevano in case grotta come questa in cui vi trovate ora.

Adornate di pochi suppellettili, le abitazioni avevano in comune un focolare con la cucina, un piccolo tavolo al centro della casa sul quale tutti i membri della famiglia mangiavano in comunione, un materasso ripieno di foglie di granturco che fungeva da giaciglio per il riposo del patriarca e della consorte e, accanto al letto, un grande comò con più cassetti, utilizzati per riporre oggetti e utensili e, quando necessario, come culla per i neonati.

La casa grotta fungeva da ricovero notturno anche per gli animali che, dagli ambienti in fondo alla grotta, riscaldavano la dimora con la loro presenza. Gli uomini lasciavano le case all’alba diretti ai campi o al pascolo nella murgia mentre le donne e i bambini vivevano il “vicinato”. Il cortiletto su cui affacciavano le abitazioni diventava il fulcro di relazioni profonde di amicizia e interdipendenza. La coesistenza con altre famiglie produceva l’esigenza di far sapere dove si andava, cosa si faceva o, eventualmente anche di fingere: il vicinato diventava così un “teatro” ed i vicini un pubblico spesso intransigente.

Curiosità: Nel 1964 Pier Paolo Pasolini girò buona parte del suo Vangelo secondo Matteo tra queste stradine di pietra, simbolo del sottosviluppo dell’Italia meridionale. Allora Matera era una città quasi sconosciuta ma fu scelta da Paolini che, dopo aver visto Israele, Siria e Palestina trovò proprio nei Sassi i paesaggi mediorientali adatti per il suo film sulla vita di Gesù.